Per la verità e per un Arezzo all’altezza della Città e anche dei sogni
Registro, con piacere, tante conversioni a U di compagni di Fede (e di alcuni Amici), testimonianze di una ritrovata unità sul nostro Arezzo, risorto tra i professionisti dall’Inferno della D. Impresa mai riuscita, se non ai tempi del mitico Convento di Ciccio & Serse, ma allora con il concorso di Guidotti. Stavolta no. L’Arezzo ha vinto senza alcun concorso. Per la prima volta nella sua Storia centenaria, la Promozione è tutta sua e va festeggiata alla grande, senza puzza alcuna sotto il naso, da botoli che abbaiano alle zanzare. Dunque Popolo e Comune, Società e giocatori, cittadini e Istituzioni varie, gente da Web e da Museo, tutti insieme sotto il Duomo e Palazzo Cavallo, diventato Palazzo Cavallino per l’occasione. Ai tempi così si fabbrica il consenso, che è il sale della Pollitika (no refuso) e nottetempo si era imbrachettata la Maratona, come si imbrachettò Michelangelo dopo il Concilio Tridentino.
Noi? Siamo restati a casa a godere non di meno dei festanti in piazza, per non mischiarci ai tanti ex contestatori saliti sul carro della Vittoria, senza memoria e senza pudore alcuno. Sia ben chiaro e senza equivoci. Bene la Festa di popolo e bene tutto, anzi benissimo, a parte qualche brontolio di stomaco. Tutto si sopporta per il nostro Arezzo e per l’unità cittadina, che è un valore fondamentale e da proteggere come i Panda, a patto che duri e la storia che si racconta, sia fondata sui fatti. Solo così questa Promozione, come ha detto il numero uno della società amaranto Guglielmo Manzo, sarà un punto di partenza. A questo proposito vogliamo vedere finalmente protagonista l’Amministrazione Comunale, non solo per festeggiare a buon mercato. Chi vivrà vedrà.
Quello che è sicuro e che conta di più, è che la fiducia della Piazza nel nostro Presidente, oggi, è inversamente proporzionale a quella di ieri. Alleluia, alleluia, perché occorre partire proprio dalla Società, per costruire un futuro all’altezza delle ambizioni, se non dei sogni (meglio sempre restare con i piedi per terra). Per questo e per togliermi qualche sassolino aguzzo dai piedi, sono venuto a dire la mia. Il sottoscritto e’ stato tra i pochissimi, che non ha voluto buttare a mare questa Società, quando tutti invocavano la cacciata dei romani (come fossero tutti Matteoni) e l’unico (con Manzo) a prendersi i cori di Vaffa, dall’Aventino della Minghelli in collina. Chi ha definito per primo l’arrivo della “Mosca Bianca” Giovannini (e poi di Indiani), una svolta a 360 gradi, faceva critica vedendo lontano. Quella dei primi due anni ai Manzo (& Co.) era già radicale e spietata nei fatti, che sono sempre ben più importanti delle parole. O no?
Nei fatti Guglielmo Manzo, giusto un anno fa vergognosamente aggredito in tribuna insieme alla sua Signora (in presenza dell’assessore, che non mosse un dito) era ed è lo stesso Signore di oggi, che ha dimenticato, che ha resistito, che si è perfino doverosamente scusato per i primi due anni e che, comunque, ha sempre pagato i suoi formidabili errori di tasca propria. Non era affatto cosa da poco, per una Società reduce da quattro fallimenti e con l’impresa totale ancora calda calda.
La critica? Chi mi conosce un zinzinino sa. Una cosa, però, e farla contro vento e contro tutti e un’altra farla per compiacere il popolo, a costo anche di buttare il bambino con l’acqua sporca. Per fortuna del nostro Arezzo, stavolta, il bambino si è salvato da solo, nonostante una critica (così autodefinita), che oggi si è ribaltata in consenso. Meglio, mille volte meglio così, cari compagni e amici di Fede, ma ristabiliamo la verità dei fatti, per consolidare quella unità di intenti che ha portato la città in piazza, a festeggiare il ritorno tra i professionisti del nostro amato Cavallino. Solo così possiamo arrivare in alto e, forse, anche lassù dove arrivano i sogni.