L' Editoriale di Riccardo Lorenzetti sulla crisi Societaria del Siena
“Il bello di questo giochino - mi diceva Marco Bacchini che scriveva su La Nazione- è che finito il Palio si comincia con il Siena... Che potrà essere un Sienino o un Sienone, ma intanto la domenica si va al Rastrello e si guarda la partita”.
Da ieri sera, se le notizie sono vere, siamo a tre default in dieci anni.
Con buona pace di Marco, ma anche di Paolo Maccherini, di Izio e del Maestro Ruffoli: che nel frattempo sono passati a miglior vita, e che ai tempi si facevano bastare il Sienino o il Sienone, e vivevano l'estate senza l'angoscia di cosa sarebbe successo a settembre, e l'anno prossimo e poi quello successivo... Perché il calcio, in fondo, è bello per la sua eterna ciclicità, quella di Nick Hornby che passa l'estate “a passeggiare nel parco in attesa che escano i calendari”: il gusto del giornale, la mattina d'estate, per capire chi si compra, chi si vende e in quale girone ci piazzano e così via. E se al tifoso togli quella serialità da romanzo, addio.
Magari è colpa della “grandeur”, e di quei tempi nemmeno troppo lontani dove il Siena faceva la semifinale di Coppa Italia e la Mens Sana nemmeno la quotavano alla Snai perché le vinceva (anzi le stravinceva) tutte... Acqua passata. La banca e la sua Fondazione, hanno altro a cui pensare; e la stessa denominazione “Siena” accanto a "Monte dei Paschi" sembra essere più un vezzo, tipo quelle aziende che sulla carta intestata si ostinano a scrivere “Premio Qualità e Cortesia 1978”.
Ma c'entra anche l'organizzazione complessiva del sistema calcio italiano, e soprattutto il pozzo nero dei campionati “minori”, dove negli ultimi vent'anni sono già affogati Pisa, Arezzo e Livorno (per non parlare di Grosseto, Pistoiese, Lucchese) e dove finirà prima o poi anche l'Empoli, quando le cose cominceranno ad andargli un filino storte.
La serie C, per esempio, è un disastro colossale; e i sei milioni di buco del Siena sono proporzionalmente ancora più catastrofici dei 230 della Sampdoria, perché quei campionati, così come sono, non hanno nessuna speranza di reddito... Finché esisteva il “vincolo” potevi sperare di cedere Stringara al Bologna, o Tintisona al Casale, e tirarci sù quelle due lire buone per tirare avanti. Ma è una strada non più percorribile da quando il calcio ha imboccato un'altra direzione, dove i procuratori ingrassano e i club dismettono i settori giovanili. E poi, ovviamente, falliscono.
C'è chi pensa, adesso, che quel Siena stellare che batteva la Fiorentina (uno a zero, gol di Flo) sia stato, alla fine, una iattura: il canto del cigno di una città che si è concessa l'ultima colossale vampata, prima di calare nell'oscurità. E che, col senno di poi, meglio il Sienino-Sienone del Bacchini, quando ti facevi bastare il Sorrento e il Montevarchi, perché c'era chi si ricordava ancora di Cannara.
Rimane da capire, semmai, quali strani percorsi abbiano condotto la Robur sempre e invariabilmente nelle mani sbagliate: Ponte, gli Armeni (che cambiarono nome e stemma), adesso questo Montanari. E quanto sarebbe utile tracciare una mappa di tutti questi ciarlatani senza arte né parte che sbucano dal nulla e diventano improvvisamente i Salvatori della Patria... Amministratori Delegati di società con sede in un container, con capitale sociale di 10 euro (interamente versato), la cui unica, vera specializzazione è la bancarotta fraudolenta, o il fallimento pilotato. Gente che non finisce mai in prigione e ti ritrovi sempre tra i piedi: come Ferrero, che dopo aver affossato la Samp e altre dieci aziende (o presunte tali) si è messo in testa di “comprare” il Perugia.
La Siena che ho conosciuto da ragazzo, probabilmente, aveva gli anticorpi necessari per questa gente: forse avrebbe alzato la voce in maniera più convincente, e non si sarebbe limitata ad un chiacchiericcio incazzoso (e un po' rassegnato) sui social network.
O magari mi sbaglio, e anche quella Siena felice e spensierata, sempre al primo posto tra le città più vivibili d'Italia, già covava dentro di sé l'infezione che l'avrebbe devastata.
Ma si può sempre ricominciare.
Auguri, vecchia Robur.